NUTRIZIONE CLINICA, L’APPROCCIO E’ MEDICO E MULTILIVELLO

Da molto tempo si discute nel mondo accademico, tra ordini professionali e sui media sulle competenze e i ruoli in ambito nutrizionale. Su chi possa fregiarsi del titolo di “nutrizionista” e soprattutto su quali sono le conoscenze e le competenze che questo professionista dovrebbe avere.

Riteniamo che questo non sia il corretto approccio al problema, fermo restando che il termine nutrizionista non ha una sua definizione precisa (e ciò è fonte di confusione e di rischio per i cittadini, sani e malati), il problema non è tanto e soltanto quello di trovare una collocazione al professionista, ma soprattutto quello di capire di cosa hanno bisogno i pazienti che lo interpellano. I pazienti che si rivolgono al nutrizionista sono in genere persone che ritengono di doversi sottoporre ad un regime dietetico per risolvere un problema (sovrappeso, alterazioni del metabolismo lipidico o glicemico, allergie alimentari, patologie varie) reale o presunto. Quindi questi soggetti hanno bisogno di una diagnosi che tenga conto dell’eziopatogenesi sovente complessa in cui intervengono spesso problematiche riferibili al quadro clinico e comportamentale che possono generare alterazioni delle funzioni di organi ed apparati e peggiorare la qualità di vita. Una diagnosi quindi che non può basarsi  soltanto sulla valutazione dei singoli parametri (peso ad esempio), o limitarsi ad esplorare una singola dimensione quale la composizione corporea ( massa grassa-massa magra), occorre una prescrizione terapeutica (counseling dietetico,  dietoterapia, ricorso a supplementi nutrizionali, nutrizione artificiale) che deve indicare procedure e modalità di somministrazione, apporto di energia e nutrienti, tempistiche,…tenendo conto del quadro clinico-psicologico del paziente e degli obiettivi da raggiungere, elaborazione ed esecuzione dell’intervento terapeutico, trasformazione della prescrizione nutrizionale in piano alimentare, adeguamento di questo ad abitudini, gusti alimentari; utile una valutazione di esito che dovrà tener conto della complessità del quadro clinico-psicologico-funzionale analizzando l’impatto che l’intervento stesso ha avuto su questo, valutando l’andamento dei singoli parametri (controlli settimanali). Il percorso sopra descritto è quello che caratterizza quel grande capitolo della MEDICINA che è la NUTRIZIONE CLINICA, attraverso questa disciplina si può valutare, diagnosticare e curare la malnutrizione (rischio nutrizionale), le alterazioni metaboliche nel malato. E questo, un iter obbligatorio in tutti i pazienti che chiedono aiuto alla Nutrizione Clinica, proprio perché i stessi quadri di sovrappeso nascondono, molto spesso, patologie d’organo o sistemiche, intolleranza glicemica, ipertensione arteriosa ed altro che necessitano di una attenta valutazione da parte del clinico. Un altro aspetto della questione, non meno importante e meritevole di grande attenzione è quello di interventi in soggetti “sani”, ossia dove non c’è indicazione clinica sarebbe più corretto limitarsi ad indicazioni su un corretto stile di vita, piuttosto che prescrivere interventi che rischiano di medicalizzare soggetti che non ne necessitano, in tal modo favorendo/avvalorando attenzione eccessiva verso l’alimentazione (Ortoressia-Anoressia). Altro capitolo importantissimo è quello della Medicina Sportiva, dove si richiedono valutazioni multidimensionali che solo il medico può effettuare per definire caratteristiche soggettive, carichi di lavoro in relazione alla disciplina sportiva, aspetti ossidativi, risultanze metaboliche e di laboratorio che possono influenzare il benessere dell’atleta. Credo sia chiaro che ogni intervento terapeutico nei vari ambiti debba necessariamente tener conto di tante variabili che possono e devono essere oggetto di attenta valutazione e che implicano conoscenze cliniche ed alcune volte multidisciplinari.

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